Visitare l’oratorio di Santa Cecilia a Bologna

L’oratorio di Santa Cecilia è un edificio religioso di Bologna, annesso al complesso della Basilica di San Giacomo Maggiore, che conserva un bellissimo ciclo di affreschi di pittori bolognesi ed emiliani del primo Cinquecento.

Alcuni storici dell’arte la definiscono la “Cappella Sistina” di Bologna per due motivi. Il primo consiste nel fatto che l’attuale oratorio fu la cappella palatina dei Bentivoglio, signori di Bologna, il cui palazzo sorgeva poco distante, in quella che era denominata allora via S. Donato, oggi via Zamboni.

Il secondo motivo risiede nel fatto che l’interno dell’oratorio fu decorata da più pittori “in competizione” tra loro, su volontà di Giovanni II Bentivoglio, committente del ciclo pittorico.

L’oratorio merita certamente una visita, come esempio ben conservato dell’arte figurativa rinascimentale bolognese.

La storia dell’oratorio di Santa Cecilia

La data di costruzione dell’oratorio di Santa Cecilia è incerta. Stando a quanto riportato in un documento del XIII secolo, era una chiesa romanica più antica della basilica adiacente. E’ certo che nel 1267 venne assegnata agli Eremitani di Sant’Agostino che ne presero possesso effettivamente nel 1323 con il convento adiacente ancora in costruzione.

Nel 1359, il vescovo di Bologna, con il consenso dei Canonici e del Capitolo della Cattedrale, concesse agli Eremitani di ricostruire la chiesa parrocchiale di Santa Cecilia in un luogo diverso, ma vicino a dove si trovava originariamente. La chiesa che vediamo ora è quindi successiva al 1359.

Nella seconda metà del XV secolo l’edificio subì una nuova trasformazione.

Nel 1463 Giovanni II Bentivoglio divenne signore di Bologna e lo restò fino al 1506, anno dell’ingresso trionfale in città di papa Giulio II e della cacciata dei Bentivoglio. Durante la signoria di Giovanni II il complesso di San Giacomo fu rimaneggiato e di conseguenza anche l’adiacente chiesa di Santa Cecilia. 

In origine l’edificio aveva un prospetto sulla strada che scomparve in seguito alla costruzione del portico voluta da Giovanni II e Virgilio Malvezzi nel 1481. Nel 1483 la costruzione della Cappella Bentivoglio in San Giacomo privò la chiesa del suo ingresso frontale. Il riassetto della chiesetta venne concluso nel 1483 ad opera di Gaspare Nadi.

Tra gli ultimi interventi ci sono le decorazioni pittoriche che illustrano la vita di Santa Cecilia e del suo sposo Valeriano, che Giovanni II fece realizzare tra il 1505 ed il 1506. 

Fu chiusa al culto nel 1798, in seguito alla soppressione delle corporazioni ecclesiastiche in epoca napoleonica.

L’esterno dell’oratorio di Santa Cecilia, così come appare oggi

La vita di Santa Cecilia

Senza conoscere la vita della santa titolare è impossibile interpretare il ciclo pittorico dell’oratorio. Ecco, quindi, alcune notizie su Cecilia, una delle figure più significative del primo cristianesimo nonostante non ci sia alcun nessun documento storico che provi le fasi salienti della sua esistenza. Le notizie che vi riporto sono tratte dalla Passio Sanctae Ceciliae, un documento della tradizione cristiana del V sec. d. C.

Conosciamo la vicenda della patrizia Cecilia a partire dal giorno in cui viene data in sposa ad un giovane pagano di nome Valeriano. Il giorno delle nozze in casa di Cecilia risuonano organi e lieti canti, ai quali la vergine accompagna il canto del suo cuore: “Conserva, o Signore, immacolati il mio cuore e il mio corpo, affinché non resti confusa.”

La prima notte Cecilia rivela al suo sposo di aver fatto voto di castità e invita Valeriano a convertirsi, cosa che egli fa immediatamente. Lo sposo si reca al terzo miglio della via Appia dove il vecchio e santo papa Urbano I sta nascosto tra i sepolcri. Valeriano viene così istruito nella fede e riceve il battesimo.

Tornato a casa, trova Cecilia in preghiera, assistita da un angelo che veglia su di lei. L’angelo porge agli sposi una corona di rose e gigli e Valeriano gli chiede la grazia della conversione di Tiburzio, suo fratello, che lui stesso accompagna da papa Urbano per il battesimo.

Nei giorni successivi Valeriano e Tiburzio si dedicano al pietoso ufficio della sepoltura dei martiri cristiani, che il prefetto di Roma, Turcio Almachio, aveva proibito.

Almachio fa catturare i due fratelli, insieme a un funzionario romano di nome Massimo che hanno convertito, e dopo averli torturati affinché abiurino, li condanna a morte. I tre vengono decapitati al quarto miglio dell’Appia.

Cecilia fa seppellire Valeriano, Tiburzio e Massimo in un sarcofago sul quale è scolpita una fenice, simbolo della resurrezione.

Almachio, che vuole impossessarsi dei beni di Valeriano e Cecilia, fa catturare la donna, che viene torturata e condannata a morte per immersione in olio bollente. Tutto inutile: la Passione narra che “la Santa invece di morire cantava lodi al Signore”.

Almachio ordina allora che venga decapitata e sebbene il boia la colpisca tre volte, Cecilia sopravvive ancora tre giorni, durante i quali riesce a distribuire tutti i beni ai poveri e chiede a papa Urbano I di consacrare la sua casa mettendola a disposizione della Chiesa.

Urbano seppellisce Cecilia nelle catacombe di San Callisto, dove si seppellivano vescovi, martiri e confessori della fede cristiana.

La citazione di Sant’Urbano nel martirologio fa collocare il martirio di Santa Cecilia tra il 222 e il 230 d.C. (estremi del pontificato), anche se non ci sono giunti documenti attendibili.

Particolare dello “Sposalizio di Cecilia e Valeriano” di Francesco Francia

Descrizione dell’oratorio di Santa Cecilia

Questa è la storia che la tradizione cristiana ci ha trasmesso e alla quale si sono ispirati i pittori – Francesco FranciaLorenzo CostaAmico Aspertini, Bartolomeo Ramenghi – che hanno affrescato le pareti della chiesa di Santa Cecilia, sia nelle scene in primo piano, sia negli episodi narrati in secondo piano.

Gli affreschi rivestono le pareti a destra e a sinistra dell’entrata all’oratorio: in dieci riquadri separati da lesene decorate a grottesche si narrano altrettanti episodi della vita della santa e del suo sposo.

Da sinistra, a partire dall’altare, ammiriamo:

  • Sposalizio di Cecilia e Valeriano di Francesco Francia
  • Sant’Urbano converte Valeriano, di Lorenzo Costa
  • Battesimo di Valeriano, attribuito a Giovanni Maria Chiodarolo e Cesare Tamaroccio
  • Le nozze mistiche di Cecilia e Valeriano incoronati da un angelo, attribuito al Bagnacavallo e Biagio Pupini
  • Decapitazione di Valeriano e suo fratello Tiburzio, di Amico Aspertini
  • Sepoltura dei martiri, di Amico Aspertini
  • Cecilia disputa col prefetto Almachio, attribuito al Bagnacavallo e Biagio Pupini
  • Martirio e decapitazione di santa Cecilia, attribuito a Giovanni Maria Chiodarolo e Cesare Tamaroccio
  • Cecilia dona ai poveri le proprie ricchezze, di Lorenzo Costa
  • Sepoltura di santa Cecilia, di Francesco Francia

Nel ciclo di affreschi dell’oratorio non ci sono segni iconografici che possano richiamare Santa Cecilia come protettrice della musica. La tradizione si attestò infatti solo attorno al secolo XVI, in una data posteriore rispetto alla realizzazione del ciclo pittorico.

“S. Urbano converte Valeriano” di Lorenzo Costa (a destra) e “Battesimo di Valeriano”, attribuito a Giovanni Maria Chiodarolo e Cesare Tamaroccio (a sinista)
Particolare della “Decapitazione di Valeriano e suo fratello Tiburzio” di Amico Aspertini
“Cecilia dona ai poveri le proprie ricchezze” di Lorenzo Costa (a destra) e “Sepoltura di S. Cecilia” di Francesco Francia (a sinistra)

Ultimissime informazioni. Per motivi conservativi alcuni affreschi sono stati staccati dalle pareti, attaccati su tele e cornici e riposizionati nella posizione originaria. Potete rendervi conto di cosa sto parlando guardando la fotografia della “Decapitazione di Valeriano e Tiburzio” in cui ben si vedono i supporti che fissano il telaio al muro.

All’altare è collocata la pala della Crocifissione e santi di Francesco Francia. Altri affreschi frammentari si trovano nel portico.

Particolare dell’affresco del portico

Come visitare l’oratorio di Santa Cecilia

L’oratorio di Santa Cecilia, in onore alla sua titolazione, è oggi usato come sala per concerti ma è anche aperto alle visite turistiche con un regolare orario di apertura. Tutte le info qui https://www.museionline.info/tipologie-museo/oratorio-di-santa-cecilia

Libri sulle chiese di Bologna

  • Bologna. Guida di architettura, progetto editoriale e fotografie di Lorenzo Capellini, coordinamento editoriale di Giuliano Gresleri, Torino, U. Allemandi, 2004, p. 83;
  • Luigi Bortolotti, Bologna dentro le mura. Nella storia e nell’arte, Bologna, La grafica emiliana, 1977, p. 165; 
  • Le chiese di Bologna, testi di Mario Fanti (e altri), Bologna, L’inchiostroblu, 1992, pp. 176-178;
  • Tiziano Costa, Chiese di Bologna. Storia, arte e cronaca, Bologna, Costa, 2009, pp. 45-47; 
  • Emilia Romagna rinascimentale, a cura di Fabrizio Lollini, Marinella Pigozzi, saggio introduttivo di Marinella Pigozzi, Milano, Jaca Book, 2007, pp. 37-54;
  • Marcello Fini, Bologna sacra. Tutte le chiese in due millenni di storia, Bologna, Pendragon, 2007, pp. 48-49;
  • Ministero per i beni e le attività culturali (ecc.), Mappe tematiche della città di Bologna. Itinerari artistici, vol. 3: Dal Rinascimento all’avanguardia dei Carracci, Argelato, Minerva, 2004, pp. 16-17; 
  • L’Oratorio di Santa Cecilia, a cura di Marta Forlai, Bologna, Compositori, 1997;
  • Angelo Raule, L’Oratorio di S. Cecilia in Bologna, Bologna, A. Nanni, 1964;
  • Eros Stivani, L’oratorio di Santa Cecilia, Bologna, Costa, 1998;

Guide turistiche Bologna